Settembre 24, 2024

EQUO COMPENSO NEGLI APPALTI PUBBLICI: LA SITUAZIONE ATTUALE TRA CONTRASTI GIURISPRUDENZIALI ED ANAC.

by sasti in News

Come noto, il tema dei rapporti (cfr. articolo in queste NEWS del 30 aprile scorso Equo compenso negli appalti pubblici) tra la normativa sull’equo compenso per prestazioni professionali dettata dalla L. n. 49/2023 e la disciplina di cui al D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici) ha sollevato innumerevoli dubbi interpretativi che ad oggi, nonostante alcuni interventi dei Giudici amministrativi e dell’ANAC, persistono. 

Le norme in conflitto.

I dubbi interpretativi risiedono nel contrasto tra le disposizioni in materia di equo compenso (L. n. 49/2023) e quelle in materia di appalti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023). In particolare, l’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023 consente alla P.A. di derogare al principio dell’equo compenso delle prestazioni professionali, previa valutazione discrezionale opportunamente motivata. L’articolo 41, comma 15, del Codice – facendo riferimento all’Allegato I.13 – stabilisce i corrispettivi, da utilizzare nelle gare d’appalto, per le fasi progettuali di servizi di ingegneria e architettura. La norma prevede che tali corrispettivi siano utilizzati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara.

Sul tema si sono pronunciati, in ordine cronologico, il T.A.R. Veneto (Sent. n. 632/2024), il T.A.R. Lazio (Sent. n. 8580/2024), il T.A.R. Campania (Sent. n. 1494/2024) e da ultimo il T.A.R. per la Calabria (Sent. n. 483/2024).


Nelle sopracitate pronunce, i Giudici si sono schierati su due differenti posizioni che hanno comportato il crescere di dubbi e difficoltà nell’operato delle stazioni appaltanti.

Alle menzionate Sentenze si sono aggiunti alcuni interventi dell’ANAC che, tuttavia, nel suo ultimo parere ha ribadito la necessità di un celere intervento da parte del Legislatore stante il mancato coordinamento applicativo tra le due normative.

LA POSIZIONE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO

I. T.A.R. Veneto, Sez. III, 03.04.2024 n. 632.

Nel giudizio innanzi il T.A.R. Veneto, conclusosi con la Sentenza n. 632/2024, l’impresa ricorrente ha contestato la verifica dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, laddove un compenso professionale, evidentemente non equo, è stato giustificato in ragione del fatto che il costo dei lavoratori dipendenti dell’operatore economico aggiudicatario risultava comunque rispettoso dei trattamenti salariali minimi previsti dal CCNL applicato; inoltre, ha osservato come la disciplina di gara avrebbe dovuto comunque ritenersi eterointegrata dalle norme imperative previste dalla L. n. 49/2023, con la conseguenza che l’Amministrazione, anche qualora non si fosse autovincolata sul punto, non avrebbe comunque potuto aggiudicare la gara violando le norme sull’equo compenso.

Lo scopo della normativa in esame, secondo il T.A.R. Veneto, è quello di tutelare i professionisti nell’ambito dei rapporti d’opera professionale in cui essi si trovino nella posizione di “contraenti deboli”, tanto che gli ordini e i collegi professionali sono chiamati ad adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull’equo compenso. 

Ciò premesso, secondo questo Giudice non sussiste alcuna antinomia tra la L. n. 49/2023 e la disciplina del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 50/2016 (applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in giudizio), considerato che un’antinomia può configurarsi “in concreto” allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispecie concreta; quindi, l’interpretazione letterale e teleologica della L. n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici.

Infatti, sottolinea il Collegio nella Sentenza citata, il legislatore, al dichiarato intento di tutelare i professionisti intellettuali nei rapporti contrattuali con “contraenti forti”, ha espressamente previsto l’applicazione della L. n. 49/2024 anche nei confronti della Pubblica Amministrazione ed ha riconosciuto la legittimazione del professionista all’impugnazione del contratto, dell’esito della gara, dell’affidamento qualora sia stato determinato un corrispettivo qualificabile come iniquo ai sensi della stessa Legge, posto che “Non a caso, l’art. 8, D.Lgs. n. 36/2023, oggi prevede che le Pubbliche Amministrazioni, salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente, devono garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale”.

Pertanto, il T.A.R. Veneto ha sancito chiaramente l’applicabilità delle previsioni della L. n. 49/2023 anche alla disciplina contenuta nel Codice dei contratti pubblici in quanto, diversamente opinando,  la normativa sull’equo compenso risulterebbe priva di reale efficacia sul mercato delle prestazioni d’opera intellettuale, qualora il legislatore avesse inteso escludere i rapporti contrattuali tra i professionisti e la Pubblica Amministrazione “che, nel mercato del lavoro attuale, rappresentano una percentuale preponderante del totale dei rapporti contrattuali conclusi per la prestazione di tale tipologia”.

Il Collegio ritiene poi applicabile, anche successivamente all’entrata in vigore della L. n. 49/2023, il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa in ragione del rapporto qualità/prezzo. Infatti, a seguito dell’interpretazione coordinata delle norme in materia di equo compenso e del Codice dei contratti pubblici (nel caso in esame, del D.Lgs. n. 50/2016, ma il ragionamento per il T.A.R. Veneto è analogo anche con riderimento al D.Lgs. n. 36/2023), il compenso del professionista è soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato dall’Amministrazione come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare alle “spese ed oneri accessori”. 

Ne deriva che il compenso determinato dall’Amministrazione ai sensi del D.M. 17 giugno 2016 non è ribassabile dall’operatore economico, trattandosi di “equo compenso”, in quanto il ribasso si risolverebbe in un’offerta volta alla conclusione di un contratto pubblico gravato da una nullità di protezione e contrastante con una norma imperativa: sarebbe irragionevolmente discriminatorio se i limiti imposti da tale normativa non fossero rispettati proprio dalle P.A. nell’ambito delle gare, laddove rilevano anche interessi generali ulteriori correlati alla tutela della concorrenza e della par condicio dei concorrenti in gara.

Pertanto, secondo il T.A.R., sussiste la “libertà, per l’operatore economico, di formulare la propria offerta economica ribassando le voci estranee al compenso, ossia le spese e gli oneri accessori”.

Conclude il T.A.R. Veneto che “la disciplina di gara deve ritenersi essere stata eterointegrata dalla legge n. 49/2023”, affermando quindi il principio dell’eterointegrazione della L. n. 49/2023 sul Codice dei contratti pubblici.

II. T.A.R. Lazio – Roma, Sez. V-ter, 30.04.2024 n. 8580.

Lo stesso orientamento è stato pronunciato dal T.A.R. Lazio nella Sentenza n. 8580/2024, posto che non sussiste alcun contrasto tra la disciplina sull’equo compenso e la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) o il diritto di prestare servizi in regime di concorrenzialità (art. 101 TFUE e art. 15 Dir. 2006/123/CE) né con il Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023).

Secondo il Collegio, infatti, la L. n. 49/2023 prevede esplicitamente l’applicazione alle prestazioni rese in favore della P.A. senza esclusioni; inoltre, l’art. 8 del D.Lgs. n. 36/2023 impone alle pubbliche amministrazioni di garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale (salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente).

Invero, la disciplina sull’equo compenso non preclude l’applicabilità ai contratti in questione del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa: “il compenso del professionista è, infatti, soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare a “spese ed oneri accessori”.

Per di più, secondo il T.A.R. Lazio non è possibile sostenere che l’art. 41, comma 15, e l’All. I.13 del D.Lgs. n. 36/2023 individuino nelle tariffe professionali i criteri per la determinazione del (solo) importo da porre a base di gara, non precludendo affatto l’applicabilità di un ribasso alla base d’asta così composta.

Conclusivamente, il Collegio ha offerto un’interpretazione della disciplina in coerenza con quanto stabilito dall’art. 8 del Codice, ai sensi del quale le Pubbliche Amministrazioni sono tenute comunque a garantire l’applicazione dell’equo compenso ai prestatori d’opera intellettuale.

III. T.A.R. Campania – Salerno, Sez. II, 16.07.2024 n. 1494.

Di diverso avviso, invece, il T.A.R. Campania (nella Sentenza n. 1494/2024) secondo il quale vi è la possibilità di ribassare la quota relativa al compenso, individuando nel meccanismo di verifica dell’anomalia delle offerte lo strumento di garanzia di congruità della stessa.

Sulla base di queste considerazioni, il Collegio ha rigettato il ricorso che era stato presentato sostenendo che la specialità della disciplina dettata dal Codice dei contratti pubblici impedisce la cristallizzazione dei compensi professionali tramite l’eterointegrazione automatica delle disposizioni di cui alla L. n. 49/2023.

Secondo il Collegio, invero, le disposizioni sull’equo compenso dovrebbero essere considerate come principi direttivi cui la stazione appaltante deve fare riferimento ai fini della valutazione di congruità dell’offerta.

Sull’applicabilità “operativa” dell’equo compenso, il T.A.R. Campania ritiene dunque che l’estromissione di offerte economiche incongrue va postulata non già a monte bensì a valle della relativa verifica di anomalia.

Pertanto, è solo all’esito della verifica di anomalia che si rende compiutamente e concretamente apprezzabile, entro il contesto complessivo dell’offerta economica scrutinata, la voce corrispondente alle remunerazioni spettanti ai professionisti, la cui esatta entità andrà, in tale appropriata sede, rapportata ai parametri tabellari vigenti.

IV. T.A.R. Calabria – Reggio Calabria, Sez. I, 25.07.2024 n. 483.

Anche il T.A.R. Calabria ha affermato l’orientamento interpretativo secondo il quale le disposizioni sull’equo compenso non possono integrare la disciplina di gara ma devono essere utilizzate come principi direttivi ai fini della verifica dell’anomalia delle offerte.

Infatti, secondo questo Collegio non è sostenibile l’ipotesi dell’eterointegrazione dei bandi di gara (che consentono il ribasso anche della componente del compenso) con la disciplina di cui alla L. n. 49/2023, sul presupposto della loro natura imperativa. In particolare, il Collegio ha sottolineato che la sede idonea in cui misurare il ribasso operato sulla componente del compenso è il subprocedimento di verifica dell’anomalia, che rappresenta uno strumento idoneo a scongiurare i problemi sollevati dai sostenitori della tesi opposta.

Inoltre, il T.A.R. Calabria ha escluso che la possibilità di effettuare un ribasso oltre le soglie di cui al D. Min. Giustizia 17.06.2016 possa pregiudicare le finalità di tutela dei professionisti auspicate dalla L. n. 49/2023. Invero, secondo il Collegio l’espressa previsione dell’applicazione dell’equo compenso ai rapporti con la P.A. non ne comporta l’applicazione tout court nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica.

In conclusione, il T.A.R. Calabria ha ritenuto che il contrasto delle disposizioni della legge di gara con le norme imperative della L. n. 49/2023, nonché con gli artt. 8 e 108 del D.Lgs. n. 36/2023, deve ritenersi insussistente, poiché si basa sull’erroneo presupposto della piena operatività della legge sull’equo compenso nel settore degli appalti pubblici; tale evenienza deve essere invece esclusa, venendo con ciò meno in radice l’invocata possibilità di una eterointegrazione della legge di gara.

GLI INTERVENTI DELL’ANAC. 

Il Parere n. 101/2023.

Nella fattispecie l’ANAC è stata chiamata a stabilire se, in una procedura di gara finalizzata all’affidamento di servizi di ingegneria e architettura, l’operatore economico che abbia formulato una percentuale di ribasso che intacca anche il compenso professionale (oltre che le spese) sia da considerarsi anomala, dunque da escludere, per violazione della normativa in tema di equo compenso.

L’Autorità, consapevole delle difficoltà interpretative, in data 07.07.2023 ha segnalato la questione alla Cabina di Regia, al Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri e, per conoscenza, al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, evidenziando la necessità di chiarire se attraverso la L. n. 49/2023 il Legislatore abbia reintrodotto dei parametri professionali minimi e, in caso positivo, quale possa essere il ribasso massimo che conduce a ritenere il compenso equo nell’ambito delle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura. Nel citato documento l’Autorità ha illustrato tre possibili soluzioni, riprodotte poi nel testo del bando tipo n. 2/2024: a) procedure di gara a prezzo fisso, con competizione limitata alla sola parte tecnica; b) procedure di gara da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in cui l’importo a base d’asta è limitato alle sole spese generali; c) inapplicabilità della disciplina dell’equo compenso alle procedure ad evidenza pubblica, con conseguente ribassabilità dell’intero importo posto a base di gara.

Il bando di gara oggetto del Parere è risultato aderente all’ultima delle predette soluzioni: l’articolo 18 del disciplinare stabiliva infatti che “la ditta concorrente, a pena di esclusione, deve compilare il modello di offerta economica proposto dal Sistema indicando il ribasso percentuale offerto sul prezzo a base d’asta […]” e l’importo a base di gara, definito all’art. 3 del disciplinare in applicazione del D.M. 17 giugno 2016, era pari alla somma dei compensi professionali e delle spese generali. Pertanto, nel caso di specie, in presenza di un quadro normativo poco chiaro, l’ANAC ha ritenuto che la stazione appaltante abbia legittimamente esercitato la sua discrezionalità in coerenza con i principi che regolano l’evidenza pubblica, così come stabilito dagli artt. 1, 2 e 3 del D.Lgs. n. 36/2023.

Quindi, secondo l’ANAC, l’evidenziata incertezza sulle modalità applicative della normativa sull’equo compenso nelle procedure di gara dirette all’affidamento di servizi di ingegneria e architettura, unitamente ai principi della certezza del diritto, del legittimo affidamento e dell’autovincolo, impedivano l’eterointegrazione del bando di gara e, dunque, la possibilità di escludere i partecipanti per aver presentato un’offerta che, perfettamente aderente ai contenuti della lex specialis, era però non conforme alla L. n. 49/2023.

La nota del 19.04.2024.

In questo successivo intervento, l’ANAC ha continuato a sostenere l’inapplicabilità della Legge sull’equo compenso in materia di appalti integrati e di servizi di ingegneria ed architettura poiché, in caso contrario, verrebbero privilegiati gli studi professionali più strutturati i quali, a parità di compenso, potrebbero sfruttare l’esperienza accumulata ed una maggiore efficienza organizzativa.

L’Autorità, inoltre, ha ribadito l’importanza dell’adozione di criteri di partecipazione che riflettano le direttive delle vecchie Linee Guida n. 1 nonché quanto previsto dall’art. 10 del D.Lgs. n. 36/2023.

Secondo l’ANAC, la L. n. 49/2023, sebbene successiva al Codice, “non ha derogato espressamente allo stesso, ai sensi del relativo art. 227, e pertanto la stessa si applica ai contratti pubblici nell’ambito della relativa disciplina. D’altra parte, lo stesso art. 3, co. 3, della Legge n. 49/2023 stabilisce che non sono nulle le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che riproducono disposizioni o attuano principi europei”. L’Autorità ha evidenziato, infatti, che il Codice dei contratti pubblici persegue già la finalità sottesa alla L. n. 49/2023, essendo prevista l’applicazione di “specifici meccanismi volti a scongiurare la presentazione di offerte eccessivamente basse e, quindi, non sostenibili (la disciplina sull’anomalia dell’offerta, la possibilità di prevedere un’appropriata ponderazione tra punteggio qualitativo ed economico, la possibilità di utilizzare formule per il punteggio economico che disincentivino eccessivi ribassi)”. Dal punto di vista comunitario, l’ANAC ha richiamato i noti precedenti giurisprudenziali (Corte di Giustizia, Sentenza del 4.7.2019, Causa C-377/2017; posizione confermata dalla Sentenza del 25.1.2024, Causa C-438/2022) che hanno sancito il divieto di tariffe minime e massime in materia di compensi professionali; pertanto “la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischia di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza”.

Il Parere funzione consultiva n. 40/2024.

Nell’ultimo parere l’ANAC, dopo aver ribadito le considerazioni già espresse negli interventi precedenti, ha sottolineato la “massima urgenza che riveste l’esame delle questioni illustrate al fine di risolvere rilevanti dubbi interpretativi, nel primario interesse delle stazioni appaltanti e degli operatori del mercato”.

Il caso sottoposto all’esame dell’Autorità concerne il contenuto di un disciplinare di gara, ai sensi del quale era possibile per l’operatore economico effettuare un ribasso sull’onorario professionale in ogni sua componente. Per tale motivo, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, a seguito della Sentenza del T.A.R. Veneto sopra analizzata, ha richiesto alla stazione appaltante di sospendere la gara al fine di rettificare la lex specialis.

Pertanto, l’Amministrazione ha chiesto all’ANAC di esprimere un parere in ordine all’applicabilità della L. n. 49/2023 alle procedure disciplinate dal Codice dei contratti pubblici.

L’ANAC ha sottolineato principalmente che “la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischia di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza. Come chiarito dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 4/7/2019, Causa C-377/2017, infatti, in materia di compensi professionali, l’indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto dell’Unione Europea, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi, posizione confermata dalla successiva sentenza del 25/1/2024, Causa C-438/2022 secondo cui le tariffe minime relative al compenso professionale degli avvocati devono essere disapplicate in quanto contrastanti con il principio di concorrenza”.

In tal senso, l’Autorità ha affermato che è necessario tenere in considerazione il principio del risultato di cui all’art. 1 D.Lgs. n. 36/2023, ai sensi del quale “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”. Inoltre, l’ANAC ha sottolineato, vista l’incertezza normativa ed in attesa di un intervento del Legislatore, l’opportunità di valutare con attenzione in linea generale il criterio di selezione delle offerte e la legittimità della riduzione dell’importo a base di gara.

Per l’effetto, stante un quadro normativo poco chiaro ed in assenza di un indirizzo giurisprudenziale consolidato, l’Autorità ha concluso che non è possibile disporre l’esclusione di operatori economici che abbiano formulato un ribasso tale da ridurre la quota parte del compenso professionale, rimettendo quindi alla stazione appaltante qualsivoglia valutazione in ordine agli atti ed ai provvedimenti da adottare ai fini della decisione finale.

Conclusioni.

Come già auspicato negli articoli precedenti (consultabili nella sezione NEWS del sito) e stante l’accentuarsi dei dubbi interpretativi in ordine alle modalità di applicazione della disciplina sull’equo compenso al Codice dei contratti pubblici ed alle lex specialis delle gare, sia in seno all’ANAC che nella giurisprudenza amministrativa, è necessario un intervento risolutivo sul tema del Legislatore (che tarda ad arrivare) che garantisca sia il bilanciamento tra concorrenza ed equilibrio del compenso negli incarichi, concernenti le prestazioni intellettuali conferiti dalla Pubblica Amministrazione, sia il coordinamento applicativo tra le discipline.

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